Ebbene sì ne sono passati sette di anni e invece sono sempre qua, ferma al centro. Sempre nella stessa situazione.
I piedi ben saldati a terra, proprio a filo su quella linea ben marcata come i segni di pennarello sul mio corpo prima di entrare in sala operatoria la prima volta.
Tre recidive.
Pesano come un macigno e mi fanno incazzare con la vita e con le persone.
Ricominciare daccapo ogni volta.
Nessuna festa per i cinque anni.
Nessuna festa per i sette anni.
Nessuna bottiglia di Franciacorta stappata tra sorrisi e lacrime di gioia e commozione.
Nessuna pacca sulla spalla e nessun abbraccio dagli amici.
Mi guardo allo specchio e vedo qualche ruga in più e profonde occhiaie.
Ammetto di avere versato più lacrime negli ultimi due anni che prima.
Questa batosta delle cure da continuare, dell’intervento di chirurgia plastica ancora da completare… i miei 34 anni e i miei occhi più tristi, la mia mente più assente perché pensierosa, assorta a contemplare la vita che non ho potuto fare.
Voglio vivere e amo la vita.
La amo di un amore folle e profondo.
Per questo mi sento in gabbia e incatenata in una vita che non ho scelto io e che mi sta mettendo sempre più alla prova.
Il dolore più grande non è il cancro.
Non è la chemio.
Non è la radio.
È la perdita di riferimento.
L’incapacità di vivere una vita normale.
Apparentemente tutto è normale, standard,
ma io so che non è così.
Condivido il peso con moltissime altre giovani donne mie coetanee e questo dovrebbe darci forza, farci sentire unite, farci lottare insieme…
Invece siamo prese da noi, ognuna nel proprio guscio, ognuna nella propria lotta per vivere nonostante tutto.
È uno sfogo fine a se stesso ma è giusto che anche questo lato di me e della mia esperienza emerga.
A volte dentro hai il sole,
ma non puoi tirarlo fuori…
Continuerò la mia ricerca di un senso perché nonostante le botte, le ferite e i lividi
Ci credo ancora
così come credo nel l’umanità,
nella bellezza,
nell’etica,
nell’onestà
e nell’amore…