OGGI SONO INCAZZATA

Venerdì 12 giugno 2020 – ospedale 🏥 di Montebelluna

Oggi è uno di quei giorni in cui è meglio starmi distanti, molto distanti.

Vi capita mai di sentirvi arrabbiati col mondo?

Questa sensazione di rabbia, quasi di collera, mi fa sentire in colpa, ma c’è, è reale, e non voglio nascondere la polvere sotto al tappeto. Io odio la polvere 😂.

Ho bisogno di vedere tutto pulito, chiaro, limpido.

Oggi per vedere tutto limpido ho bisogno di esternare la mia rabbia. Non voglio soffocarla.

Oggi non scriverò di vita da amare, di bicchiere mezzo pieno e di coraggio.

Oggi scriverò della mia rabbia, mi farò guidare da lei. Provo rabbia perché anche stamattina mi sono svegliata con il mal di testa. Non riuscivo ad alzarmi, le orecchie fischiavano, mi veniva da vomitare e la testa pulsava fortissimo.

È venerdì e non sono andata al lavoro. No, non per trascorrere un bel fine settimana lungo, non per andare al mare o in montagna. Ho preso un permesso per andare a fare la terapia.

Non mi sono mai lamentata né dentro di me, né con le persone, per la prospettiva di fare questa terapia PER SEMPRE.

La prima cosa che ho pensato è stata: “per fortuna ho la possibilità di fare una terapia”. Mi sono sentita grata alla vita perché conosco bene la storia di molte donne metastatiche che cambiano di continuo terapie e si sottopongono a pesanti cicli di chemioterapia. Io in quanto malata metastatica sono fortunata.

Lamentarmi sarebbe solo una cattiveria nei confronti di chi sta combattendo battaglie molto più dure della mia.

Per rispetto verso quelle donne non mi sono mai lamentata, mai.

Negli ultimi mesi ho assistito inerme alla morte di tante amiche e compagne di battaglia. Avevano voglia di lottare, di provare nuove cure senza mai perdere la lucidità ma nemmeno la speranza.

In questi giorni però sta accadendo qualcosa dentro di me: sento tanta stanchezza fisica, tanto dolore. Il corpo sta soffrendo molto, probabilmente a causa delle terapie, soprattutto di quella ormonale che influisce sulla mia emicrania. Sono sempre stata intollerante alla terapia ormonale, ma so che è fondamentale per me assumerla. L’intervento all’encefalo e la radioterapia hanno complicato notevolmente la situazione ed i dolori alla testa e la nevralgia sono diventati insopportabili. Quando ho attacchi forti dimagrisco di un paio di kg in un solo giorno.

Oggi sono incazzata perché mi sembra che la mia fatica sia vana.

Dove mi sta portando questo impegno costante?

Ogni piccolo traguardo nasconde un tranello.

Sto pagando un prezzo altissimo per fare una vita “normale”. Ho lasciato tutti i miei sogni chiusi in un cassetto da quando avevo 26 anni.

Sono rimasti chiusi là, al buio, ben nascosti da quando ho avuto la prima diagnosi, quasi 10 anni fa. Non ho più trovato la chiave di quel cassetto. Forse non ho nemmeno voluto cercarla.

In questi anni ho investito tutte le energie per tentare di rialzarmi dopo ogni colpo inflitto dagli interventi chirurgici, dalla chemioterapia, dai farmaci, dalla radioterapia e dalle delusioni della vita che tutti noi dobbiamo affrontare.

Tuttavia ho sempre sentito una spinta a rialzarmi.

Quando mi sono svegliata dopo l’intervento all’encefalo avevo dolori fortissimi. Ero debolissima. Ricordo bene la sensazione che provavo: soffrivo perché non potevo e non riuscivo a muovermi. Avevo una voglia irrefrenabile di alzarmi, di reagire, di lottare. Ricordo molta confusione, molto trambusto intorno a me. Il neurochirurgo mi aveva chiesto di alzare il braccio sinistro perché il rischio maggiore dopo l’intervento era quello di non poterlo più muovere. Lo alzavo, lentamente, ma lo alzavo.

Poi il vuoto.

Buio.

Ricordo solo tanto dolore.

Pensavo a quello che volevo esprimere, ma non so se sono riuscita a dire qualcosa. Non credo che i pensieri si siano tramutati in parole e sicuramente qualsiasi cosa sia uscita dalla mia bocca sarà stata confusa e non chiara.

L’ultimo ricordo che ho è la voce dell’anestesista che mi disse:”tranquilla Serena, ora il dolore passerà.”

Poi il Vuoto.

Il Silenzio.

È come se mi ricordassi anche di quel buio, di quel sonno profondo, di quel silenzio dentro me mentre fuori mani esperte e coraggiose mi salvavano la vita.

Dopo due giorni ho saputo cos’era accaduto: avevo avuto un’emorragia cerebrale dopo l’intervento. Il chirurgo era già in macchina quando il telefono aveva suonato ed aveva dovuto rientrare in ospedale per operarmi d’urgenza.

Poteva essere la mia ora 🤣😂. Invece sono ancora qua😄.

Scherzi a parte, un’emorragia cerebrale può essere fatale.

Mi hanno letteralmente salvato la vita mentre i miei familiari aspettavano ignari di quello che stesse accadendo in sala operatoria.

Ognuno di noi ha la propria versione di quella sera e di quella notte.

Io ricordo solo la voglia di alzarmi, di mettermi in piedi e di uscire da là per vivere la mia vita.

Molte persone non mi credono quando racconto di avere un ricordo chiaro di quella notte. Mi è rimasto qualcosa dentro, il mio corpo era là anche se ero sotto l’effetto dell’anestesia. Ricordo mani strette forte, mani che non volevo lasciare. Non riuscivo a parlare a causa della morfina, ma capivo tutto, sentivo tutto. L’unica cosa che riuscivo a fare era stringere le mani, aggrapparmi alle mani delle persone.

È stato fondamentale avere qualcuno vicino.

Come posso ricordare così bene la voglia di alzarmi, la determinazione di ritornare in me, di essere di nuovo autosufficiente?

Io ricordo solo che volevo alzarmi. Un mio familiare mi ha raccontato di avere sbirciato per un attimo dall’altra parte del vetro e si è spaventato molto quando ha visto varie persone che cercavano di tenermi ferma mentre io facevo di tutto per tirarmi sù dal letto portando con me tubi e tubicini, aghi, flebo e respiratore 😂. Ma dove volevo andare? Conoscendomi probabilmente volevo andare al bar a fare colazione 😂. Non ricordo quella scena ridicola, ma sento ancora dentro di me la stessa determinazione!

Quella voglia di reagire mi accompagna sempre, ma ora provo anche rabbia perché non riesco più a scendere a patti col mondo.

Non riesco più a guardare in silenzio qualcuno che fa del male ad un’altra persona. Non accetto l’egoismo, il narcisismo, le critiche distruttive, la cattiveria. Perché critichiamo sempre e non proponiamo mai nulla di costruttivo?

Perché ci lamentiamo al posto di apprezzare quello che la vita ci ha donato?

Io stessa in questo momento sono in preda alla rabbia perché non riesco a pensare in modo costruttivo. Provo rabbia per quello che la vita mi ha tolto, per quello che non ho e che gli altri hanno. Non provo assolutamente invidia, no, il mio è un sentimento legato alla rabbia perché nonostante l’enorme fortuna che hanno si svegliano alla mattina con l’espressione ingrugnita di chi deve andare in guerra 😅😂.

Io per prima sono ossessionata dal modo in cui mi comporto con le persone perché temo di ferirle, di essere invadente e voglio rispettare la loro vita e la loro persona. Sono però arrivata ad un punto della vita in cui mi chiedo: “perché io mi preoccupo sempre di non ferire gli altri quando loro non fanno lo stesso con me?”. Non mi passa per la testa l’idea di riversare i miei problemi sulle spalle di una persona che dal punto di vista medico sta peggio di me. Non sbandiero in faccia ad una persona che convive con molte metastasi in vari organi il fatto che io al momento sia NED ossia non abbia malattia in atto. Non riuscirei a farlo! Io ad esempio non sto facendo la chemio (mi reco in ospedale ogni tre settimane per assumere un farmaco chiamato Trastuzumab, è un anticorpo monoclonale, detto anche farmaco biologico) e quando parlo con chi la sta affrontando a testa alta non sottolineo mai il fatto che ora non la sto facendo. Perché sbandierarle in faccia la mia situazione di stabilità? So che per lei la stabilità di malattia è un obiettivo, un traguardo importante.

Perché non c’è comprensione vera? Perché non ci mettiamo nei panni dell’altro?

Non sopporto chi ti riversa addosso tutti i suoi problemi senza mia chiederti come stai tu.

Provo rabbia verso chi mi dice:”ah ma stai bene, pensavo peggio!”, oppure “ma se hai fatto un’intervista dopo pochi giorni dall’intervento e dall’emorragia significa che stavi bene!”.

A volte mi sento in imbarazzo quando le persone mi fanno domande sul libro e sulla presentazioni che ho fatto.

A volte temo di sembrare narcisista, come se solo io fossi l’unica persona sulla terra a stare male.

Scrivere la mia storia è stato difficile così come presentare il libro.

L’ho fatto per uscire dalla mia comfort zone, perché per natura sento il bisogno di esternare quello che sento e riesco a farlo solo ed esclusivamente scrivendo.

Il solo modo in cui io riesca a comunicare è la scrittura.

Presentare il libro nel periodo in cui facevo la chemio e non avevo i capelli è stato difficile.

Cerco di curare il corpo e la mente, di circondarmi di persone e di cose allegre, perché non voglio abbattermi, ma dietro c’è fatica, c’è sofferenza.

Perché la mia voglia di vivere deve per forza negare ed annullare il dolore che provo?

Perché fa così paura il dolore?

Sono incazzata perché ascolto continuamente le persone lamentarsi perché non possono andare in vacanza, perché si sono annoiate a stare in casa durante il lockdown, perché non guadagnano abbastanza, perché lavorano troppo, oppure troppo poco, perché fanno fatica a seguire i figli, perché non hanno figli…

Io non provo rabbia per la malattia, ho accettato il cancro perché esiste, non posso negarlo. Posso affrontarlo! Provo rabbia perché mi sarebbe piaciuto realizzare almeno un sogno della mia vita ed invece sto ad ascoltare tutti mentre si lamentano anche se hanno tutto quello che io vorrei, tutto quello che mi renderebbe felice e soddisfatta di me!

Ho desiderato tanto fare l’insegnante. Amo i libri, la filosofia, la letteratura. Amo studiare.

Sembra che la mia malattia e la metastasi mi abbiano condannato a non vivere nonostante io sia viva più che mai.

Non ci sono strumenti e nemmeno diritti per le donne che convivono con terapie perenni.

Io ho la fortuna di avere un lavoro, ma chi non ce l’ha? Se io fossi il responsabile di un’azienda probabilmente non assumerei una persona che ha il cancro al seno metastatico. Sapete che conosco donne che convivono con metastasi da più di 10 anni? Non hanno forse il diritto di lavorare e di essere considerate come lavoratrici e non solo come disabili o persone appartenenti alle categorie protette?

Una mia cara amica ha fatto un colloquio di lavoro per un posto come categoria protetta; quando hanno saputo che è metastatica le hanno fatto mille domande sulla sua situazione. Addirittura le hanno chiesto cosa sia una metastasi. Ovviamente non l’hanno assunta. Le hanno solo detto:” sei piaciuta molto, ma abbiamo saputo che hai una metastasi…”. Ha 48 anni e due figli, è separata. È metastatica da 8 anni. Ha diritto di lavorare!

Oggi mi sfogo, ho bisogno di farlo e non so se sia giusto o sbagliato, ma so che è vero, so che sono sincera.

Non amo l’idea di una famiglia da casetta del Mulino Bianco. Non amo l’idea di diventare mamma per cambiare pannolini, comprare vestitini, per raccontare a tutti quanto sia splendido essere madre o per postare le foto dei miei figli sui social.

Mi manca però quel(la) figli* che non ho né avrò mai.

Mi manca come può mancare il cibo allo stomaco vuoto, come può mancare l’aria ai polmoni, mi manca come se fosse esistit* veramente, come se lo/la avessi partorit* e poi me l* avessero portat* via.

So che queste parole lette da chi madre lo è davvero potrebbero suscitare sdegno.

Come posso scrivere che mi manca qualcuno che non esiste? Come posso io capire cosa significhi perdere un figlio?

Non mi permetterei mai di comparare il mio dolore con quello di una madre vera che ha perso un figlio vero.

Tutti i miei sogni sono solo frutto della mia immaginazione.

A volte mi chiedo se abbia senso tutto questo lottare, soffrire, se poi alla fine questa fatica mi permette solo di sopravvivere!

Apprezzo tutto quello che ho, le persone che amo e mi amano, ma provo rabbia perché mi sento viva e metà e riconosciuta a metà dalla società.

Non posso lasciarmi alle spalle la malattia perché è sempre con me. Non è una brutta esperienza passata. Ci sono dentro fino al collo!

Ci vivo in mezzo alla burrasca.

Servono più fatti e meno parole!

Tuttavia…

QUALCOSA DI SIGNIFICATIVO E BELLO È ACCADUTO

In questi anni mi è accaduto qualcosa di bello: ho conosciuto belle persone, ho recuperato amicizie splendide nate tra i banchi di scuola, durante l’età della ribellione e dei grandi progetti. Studiando greco e latino, odiando la matematica, ipotizzando società in cui vivere meglio, sono germogliati rapporti che pensavo avere perso, ma con enorme piacere li ho ritrovati, riscoperti. Ho capito che esiste un’amicizia che non conosce confini temporali o spaziali. Pensavo fosse solo utopia, ma non è così.

Ho conosciuto persone nuove a cui sono molto legata. Ci sono persone a cui non serve spiegare nulla, non serve giustificarsi per le mancanze o le assenze.

Ho scritto un post denso, ho aperto mille parentesi che mi riprometto di approfondire: il dolore cronico, la malattia metastatica, le cure “a vita”, il lavoro, i figli, l’amicizia vera, la rabbia…

Ho scritto durante la terapia, sono seduta a gambe incrociate sul letto dell’ospedale dove ormai mi sento a casa. Ho scritto seguendo i pensieri così come venivano, mi scuso se sono stata poco chiara, se ho aperto molte parentesi e se ho fatto riferimento a fatti del passato e del presente mischiandoli insieme. Spero che si capisca qualcosa, spero di avere tramesso qualcosa…

Oggi va così!

Non mi ero resa conto di avere mascherina + maglietta di Frida Kahlo!

Viva la vida!

5 commenti

  1. Certo che puoi! Grazie a te Anna. Mi fanno piacere le tue parole. Penso che senza condivisone e dialogo reciproco tutte le parole che scrivo non avrebbero alcun senso. Sarebbero solo autoreferenziali ed è il mio timore maggiore. Grazie per questi scambio

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  2. Quanta verità nelle tue parole. Posso solo immaginare quello che provi e mi dispiace mi dispiace davvero..Ti stimo molto x come scrivi x quello che scrivi x la grandissima forza d’animo che riesci sempre a tirare fuori.. Ti stimo xk nonostante tutto riesci a guardare il rovescio della medaglia..Capisco la tua incazzatura e la condivido a chi non girerebbero le palle con tutto quello che hai passato e che ancora stai affrontando. Ti stimo davvero e vorrei avere un pizzico del tuo carattere. Forza Serena dopo ogni tempesta ritorna il sole.. E tu ritroverai quella serenità che cerchi e che io ti anguro con tutto il cuore. Lasciatelo dire 6 una grande donna e un grande esempio di vita. Ti abbraccio con affetto.
    VIVA LA VIDA 💖😘

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  3. hai scritto una splendida pagina a cui non si può aggiungere altro che non vi sia già scritta.
    Il tuo sarà un percorso terapeutico lungo ma sono certo che ritroverai quella serenità che è presente nel tuo nome.
    in bocca al lupo!

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